Mayday, mayday

Mi scuso in anticipo per il post che sto per scrivere. Ma sono di cattivo umore, e piuttosto stanco. E scimmiottare un vero giornale non è nelle mie facoltà in questo momento. Vorrei parlare di tante cose ma non so neanche da dove cominciare, perciò considerate questa l’introduzione ad un articolo che scrivo per sfogarmi senza preoccuparmi dell’ordine o del senso delle cose.

Parliamo della vita politica nel paese. Tutti sanno tutto di tutti e la cosa è inevitabile in un paese piccolo come il nostro. Ad un qualunque incontro con gli amici, con i familiari, con dei conoscenti è semplice sfociare nella discussione dell’ultimo pettegolezzo riguardante i personaggi di Posada. Non parlo delle solite voci di corridoio sulle vite sentimentali dei nostri compaesani. Parlo delle tante storie che – sono sicuro – conosciamo tutti e che riguardano la gestione della “cosa pubblica”.

Devo dire che negli anni ne ho sentite di tutti i colori, e non sono neanche informato quanto tante altre persone, considerato che molte delle cose che sento mi disgustano profondamente e a volte preferisco non sapere. Perché non ho voglia di farmi venire la nausea troppo spesso quando mi capita di girare per il paese. Ma a Posada succedono cose orribili: basti pensare al periodo delle elezioni del 2010. Ogni giorno ce ne era una nuova, dal famoso scandalo delle residenze fasulle alla compravendita dei voti in modi che non si possono neanche scrivere; dai dibattiti nei locali alla retorica retrograda e infantile, alle lotte senza senso nei gruppi Facebook delle liste, dalla campagna elettorale piena di stupidaggini da ambo le parti, agli ambigui ruoli che coprivano molti compaesani. E ho tralasciato i dettagli per ovvie ragioni. Non sono qui per farmi querelare.

Ed è questo il limite del dibattito politico a Posada. Tutti sanno tutto di tutti, ma non sempre certe cose si possono dire a voce alta. Perché l’impressione generale è che non ci siano gli strumenti adatti per difendersi da chi compie atti illeciti, e che quando questi strumenti ci sono usarli è pericoloso. Perché le discussioni spesso spaccano il paese in due e trovarsi in mezzo alla discussione non è sempre piacevole. Perché si ha paura di inimicarsi troppe persone; perché a volte anche ad alzare la voce non ci si guadagna niente, perché a volte l’unica cosa che si ottiene dal dire la verità è una querela. Perché a volte gridare che l’imperatore è nudo non porta a nessun risultato. Perché alla fine il gioco non vale la candela se chi se lo può permettere fa quello che gli pare, sempre e comunque.

Così la discussione dei problemi dell’amministrazione del paese si affronta di fronte a piccoli gruppi, spesso persone fidate o con idee e background simili. Si discute al bar, in famiglia, forse con alcuni colleghi di lavoro. Si parla molto probabilmente sempre delle stesse cose, con qualche piccola variazione. A volte ci si arrende e si ritorna a parlare di calcio e macchine. Altre volte la discussione sfocia in qualcosa di lievemente più grosso, con qualcuno che parla ad un gruppo più o meno numeroso. Magari ci scappa pure un applauso, forse anche per aver detto qualcosa di ovvio: perché non ci si arrischia a parlare delle cose grosse. Si fanno discorsi di circostanza. Il punto è che qualcosa si è detto, anche se non ha portato a niente.

E se ci pensate, quando vi ritrovate in una situazione del genere che cosa sta succedendo? State aprendo una valvola di sfogo. Vi state compiacendo del vostro “coinvolgimento” nella realtà del paese, vi state illudendo di stare facendo qualcosa di importante. E andate a letto più contenti e con meno preoccupazioni. Magari pensate solo alle bollette da pagare, e non anche ai conflitti di interessi che affliggono Posada e la sua amministrazione.

Ma la mattina dopo tutto è come prima, e magari vi ritrovate a leggere nel giornale un articolo sulla crescita delle dune di Su Tiriarzu e sul bel profumo di pesche della cagata mattutina del vostro caro sindaco. Scusate la licenza poetica.

Il punto è che se la piccola situazione di protesta alla quale avete assistito la sera prima era qualcosa di reale, la mattina dopo vi ritrovate nello stesso sogno che fate da anni. Ma ormai è tempo di svegliarsi e di prendersi un caffè amaro e bollente. Non si può più restare con le mani in mano, o protestare da soli.

Perché non ci si muove? E perché esiste un blog come il nostro? Sono domande che bisogna porsi. Si possono fare un mucchio di analogie tra il microcosmo politico posadino e la realtà nazionale, ma c’è una radicale distinzione, o almeno ci dovrebbe essere. Essendo un paese così piccolo, Posada dovrebbe godere di una partecipazione molto più assidua alla vita politica. Significa riempire le assemblee comunali fino a farle scoppiare, registrarle e metterle in rete per poi discuterne, significa condividere le proprie esperienze e i propri disagi con il resto del paese. Significa cercare e trovare soluzioni senza che ci debbano pensare persone di dubbia moralità che non hanno fatto altro che i propri interessi da quando hanno potuto e da quando glielo abbiamo permesso.

I luoghi per incontrarci li abbiamo e dobbiamo iniziare ad usarli. Dimenticate i bar e la piazza. Usiamo quel maledetto mostro dell’auditorium e incontriamoci ogni settimana. Bisogna imparare a riunirsi periodicamente e parlare dei propri problemi, che sono poi i problemi del paese; bisogna trovare un senso di collettività e una fiducia nella partecipazione politica che oggi purtroppo manca. E non sarà di sicuro una sorpresa per voi considerare che questa situazione è anche conseguenza dell’atteggiamento dei nostri amministratori che non collaborano, che non accettano critiche e vanno avanti nella loro scelleratezza con la convinzione che aver avuto la maggioranza dei voti gli dia automaticamente ragione, che quello che fanno sia automaticamente giusto, e perché no, sacrosanto.

E invece le esperienze e le lamentele dei nostri compaesani devono avere un peso maggiore dei favori che i nostri amministratori hanno intenzione di farsi e di fare ai propri amici. Bisogna rovesciare quest’abitudine che vede i rappresentanti  eletti rappresentare nient’altro che i propri portafogli. Le linee guida della politica posadina devono essere date da un’assemblea in cui tutti hanno diritto a parlare, in cui nessuno viene denigrato per aver condiviso le proprie esperienze, in cui si considerano anche i pareri più improbabili. Cosa che non succede ai consigli comunali, dove è ben chiaro che a certe parti non verrà mai data attenzione o rilevanza. Che i nostri amministratori facciano quello che devono dopo che le nostre voci sono state ascoltate. Il parere dei Posadini deve avere peso e valore.

Invece ci ritroviamo a giocare al gioco del telefono, in cui a turno ci confidiamo l’ultima storiella o l’ultima lamentela e chissà cosa diventa alla fine. O giochiamo al solitario, in cui le proteste di qualcuno vengono portate avanti solo dai diretti interessati, e quando toccherà a noi protestare saremo anche noi soli come cani. Volete un’idea di quello che succede alla fine del gioco? Avrei un’altra metafora, coinvolge principalmente una grossa zucchina e il vostro (nostro) didietro.

Battute a parte, mi rendo anche conto che la mia è una posizione privilegiata dalla quale parlare, per ovvi motivi. Capisco anche che le critiche che muovo al paese includono molto facilmente anche me. Ma se avete un minimo di comprensione, capirete che questo argomento mi sta a cuore perché la prima persona che incolpo di questa situazione è me stesso. Penso però che a mio modo io possa fare la mia parte, come sono sicuro voi possiate fare la vostra. Ormai è tempo di rimboccarsi le maniche, darsi da fare e far sentire la propria voce.

Posada, batti un colpo se ci sei!

8 commenti su “Mayday, mayday

  1. @- “Non si può più restare con le mani in mano, o protestare da soli.”
    Veroverissimo !!
    Allora armiamoci un po tutti visto che da Natale non siamo più soli come pensavamo di essere, e tanto meno disarmati: abbiamo l’arma più incisiva che esista: la penna e le jpeg. (come quella del vostro post)
    Le bombe, le diffamazioni e gli attentati vari, non ci appartengono: lasciamoli ai dormidos di Posada.
    La parte più difficile in questi casi è cominciare, da soli o in compagnia poco importa, non a parole ( verba volant) ma con lo scritto (scripta manent) e possibilmente in pubblico. Se si ha un minimo di costanza e si è disposti a dare tempo al tempo, inevitabilmente altri “pitzinnos ” si aggiungeranno alla lista de “los despertados” (gli svegli ). Bisogna avere pazienza caro Apicoltore, non è l’uomo che decide quando raccogliere il miele, ma le api.
    L’ IO IO IO, è una brutta bestia e solo con il NOI NOI NOI la si può affrontare. (basta guardare la nostra storia…)

  2. …abbiamo tuttitutti un sacco di strada da fare, Giorgio : il bello è il percorso e con chi si decide di fare un pezzo di strada, non tanto la meta.
    Bello questo sfondo nero, ci si scrive bene …. 🙂

  3. riempiono i polmoni d aria sana queste parole.chissà che sia un nuovo inizio….usare ilmostro di auditorium,gia vorrebbe dire tanta gente che partecipa,ma sotto invito o di spontanea volontà…..io di cuor mio avrei tante idee.ma vedremo.un saluto a tutti.

  4. l’amministrazione posadina è di sinistra , ma applica alla perfezione il berlusconismo degli ultimi tempi: il popolo mi ha dato il potere e guai a chi me lo toglie. E’ difficile esporsi, e quando trovi che sia facile ti scaricano un camion di merda davanti casa, cosa che non piace a nessuno.

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